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GIÙ LA TESTA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 maggio 1972
 
di Sergio Leone, con Rod Steiger, James Coburn, Romolo Valli, Maria Monti, Rik Battaglia, Franco Graziosi, Memé Perlini (Italia, 1971)
 
Curioso personaggio questo Leone, dapprima confuso fra i più dotati autori del western "spaghetti", quello all'italiana, ai tempi del suo primo IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO; poi riscoperto da molti critici alla ricerca di nuove ideologie, portato alle stelle o quasi da questi, considerato poco più che un abile mestierante da altri. Ma bastano anche poche sequenze di GIÙ' LA TESTA per spiegare le ragioni di queste discussioni, o di questa confusione se preferite. E' che il cinema di Leone è estremamente contraddittorio, e confuso. Il buono, il meno buono e il cattivo (sempre per restare in tema) si mescolano, si accavallano: in una successione di immagini rutilanti delle quali il suo cinema è particolarmente prolisso. Sotto molti aspetti Leone è il De Mille degli anni settanta: per il celebre americano il motto era "sangue, sesso e Bibbia", per l'autore di C'ERA UNA VOLTA IL WEST si potrebbe sostituire l'ultimo degli attributi per qualcosa di più attuale, magari il messaggio sociale. ma certe somiglianze permangono.

Certo, i tempi sono cambiati. Lo stile di oggi esige una violenza ed una spregiudicatezza sconosciute al regista dei DIECI COMANDAMENTI; ma la mistura fra spettacolo ed arte è quasi la stessa. In Leone gli ingredienti sono perfetti: possiede lo sguardo raffinato del cineasta di classe, il dono di scegliere l'inquadratura più efficace, il ritmo di montaggio adeguato, la scelta dei primissimi piani o delle più vaste panoramiche sapientemente alternata; dirige gli attori con la energia che occorre ai propri temi, riesce a mescolare avventura e problematica ideologica. Di che accontentare tutti insomma, l'uomo della strada in cerca di evasioni, e l'intellettuale di problemi.

Ma il guaio del cinema di Leone non è tanto quello di voler piacere a tutti, e di riuscirci magari anche. I limiti stanno nel fine ultimo dei suoi film, che è quello dello spettacolo. Uno spettacolo sovente di gran classe, una macchina perfetta, sapiente ai limiti dell'arte, ma sempre una macchina da spettacolo. Ogni situazione, ogni personaggio, ogni ambizione delle opere di Leone si riconduce immancabilmente al fine spettacolare, alla ricerca dell'applauso, dell'effetto emotivo, così esemplarmente sottolineato dalla musica trionfalistica di Ennio Morricone.


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